Sempre più imbottigliato “a destinazione”
Dai romani ai giorni nostri, il vino ha sempre viaggiato per nave. Un legame che oggi si ripropone con dinamiche in parte diverse.
Con il vino che (nella fascia medio-bassa), parte sempre più sfuso e, grazie alle tecnologie di trasporto, viene sempre più imbottigliato nel mercato di destinazione, o durante il tragitto.
Sfruttando ancora una volta la grande “deregulation” che vige nei Paesi del Nuovo Mondo enoico, in Australia la quota di vino sfuso esportato è passata dal 10% degli anni ’90 al 60% del 2010, e la Nuova Zelanda ha visto crescere dal 4 al 30% la quota di Sauvignon Blanc sfuso nell’arco di pochissimi anni (con meta top la Gran Bretagna).
E non fa specie che proprio da qui arrivi con una forza non trascurabile questa nuova tendenza. Un “escamotage” ulteriore per ridurre i prezzi dei vini di quei Paesi, che continuano ad essere quelli più a buon mercato e quindi “naturali” protagonisti del consumo di vino più largo e del suo impiego come materia prima nell’industria enologica. E gli aspetti positivi, secondo alcuni, non sono pochi: da una maggiore flessibilità di gestione sul
mercato, tra costi e packaging, ad una riduzione delle emissioni di Co2 se il vino viaggia in flexitank piuttosto che in bottiglia.
Fonte informazioni: WineNews
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