lunes, 16 de enero de 2017
Cina, gli errori dell’Italia del vino
Cina, gli errori dell’Italia del vino
La parola d’ordine del 2017? Incertezza, aspettando gli effetti reali della Brexit, l’insediamento di Donald Trump alla presidenza Usa ed il Congresso del Partito Comunista cinese.
Dinamiche che molto hanno a che fare con il vino italiano, suscettibile ad ogni cambiamento di rotta, come dimostrano i dati, altalenanti, delle spedizioni nel 2016, con il mercato Usa che ha retto, quello Uk sostenuto essenzialmente dal Prosecco e quello cinese in cui non riusciamo proprio a sfondare,tanto che i nostri competitor principali - Francia, Australia, Spagna e Cile - sono sempre più distanti.
Eppure, come ricorda il magazine di economia Usa “Forbes”, quando, nel 2011, ci fu il boom dei fine wine, per l’Italia sembravano aprirsi le porte di un mercato potenzialmente
sconfinato, in cui alla “sete” di grandi etichette, oltre a Bordeaux avrebbero potuto facilmente sopperire Brunello, Barolo, Barbaresco e Supertuscan, anche grazie al successo della cucina made in Italy. E invece, a crescere sono state Borgogna e Spagna, che hanno chiuso l’Italia in un angolo, anche per colpa di una strategia commerciale che
non è stata capace di uscire dal canale classico fatto di importatori, distributori, ristoratori e sommelier praticamente solo italiani.
Fonte informazioni: WineNews
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